GASTRONOMIA
Presso i ristoranti e trattorie della valle, oppure durante alcune delle nostre manifestazioni, oltre alle specialità tipiche della cucina friulana, si possono degustare i prodotti tipici della tradizione tramontina: la PITINA (una polpetta di carne di montone o pecora affumicata con erbe aromatiche), il FORMAGGIO SALATO (un formaggio tenero di puro latte lasciato insaporire nelle saline), il FORMAI DAL CIT, (formaggio fermentato macinato e ricoperto di panna, pepe e aromi naturali) e il PISTUM (piatto tipico di Tramonti di Sotto realizzato con le foglie di rapa, la viscja, raccolte dopo la prima brinata, lessate, tritate e rosolate con burro e lardo, pepe e aglio e ammorbidite con il "brot di polenta", una polentina liquida di farina di mais).
La Pitina IGP della Val Tramontina
La pitina è un prodotto tipico della Val Tramontina; sembra che già nella prima metà del 1800 fosse in uso fra le genti che abitavano le borgate di Inglagna e Frassaneit, località site nel Comune di Tramonti di Sopra. Originariamente la pitina era composta esclusivamente da carni ovine o caprine o da selvaggina ungulata d’alta montagna (camoscio o capriolo). La preparazione non richiede particolari attrezzature quindi è possibile prepararle ovunque, anche in malghe lontane da centri abitati.
LE VALLI DELLA PITINA
Dalla storia al territorio, dalla produzione alla degustazione
regia di Christian Canderan
fotografia di Davide Cancian
anno 2017
LA PITINA DELLA VAL TRAMONTINA
Autori: Laura Ambrico e Sara Billeci
In collaborazione con: Università di Udine
Intervistati: Filippo Bier (responsabile Presidi Sow Food in Friuli Venezia Giulia), Manuel Gambon (produttore di Pitina), Flavio Del Missier (sindaco pro tempore di Clauzetto), Ennio Mazzoli (veterinario) e Angelina (Chef).
Data riprese: maggio 2017
Luoghi: Cavasso Nuovo e Tramonti di Sopra
Il documentario è stato realizzato con lo scopo di far conoscere La Pitina, la sua antica tradizione e il significato che ha per gli abitanti della Val Tramontina. Ascoltando i diversi punti di vista degli intervistati, si entra in contatto con i vari aspetti che questo prodotto porta con sé: da semplice prodotto di sussistenza, nato in antichità con lo scopo di utilizzare anche la carne degli animali ormai vecchi, a Presidio Slow Food; dalla produzione nel rispetto dell’antica ricetta fino a giungere ai piatti serviti nei ristoranti di alta classe.
Il pistùm
L’economia che fino alla metà del secolo scorso caratterizzava quasi tutte le zone di montagna era prevalentemente di tipo agricolo, costituita dai pochi prodotti che la terra tramontina sapeva dare. Le non rosee condizioni economiche, l’offerta limitata delle botteghe e la difficoltà nel raggiungere le località dove si potevano reperire prodotti alimentari specifici, inducevano l’elaborazione di ricette che, se da un lato esaudivano il bisogno primario di nutrirsi, dall’altro riuscivano anche a soddisfare il palato.
A Tramonti di Sotto, primo dei tre paesi della Valle, sul quale tarda ad arrivare la levata del sole, era particolarmente diffusa la coltivazione della rapa, la cui cottura richiedeva tempi prolungati; questa peculiarità, legata al carattere piuttosto schivo ed introverso della gente, ha fatto sì che i Tramontini “di Sotto” si guadagnassero l’appellativo (tuttora diffuso) di “Cruz” da Vil di Zot (“Crudi” di Tramonti di Sotto).
Ma i “Cruz” ben sapevano come sfruttare tutta la bontà di questo povero ma abbondante ortaggio: oltre al bulbo (che veniva lessato e condito o con cui veniva prodotta la classica “brovada”), venivano utilizzate anche le foglie (viscja) le quali però giungevano a “giusta maturazione” solo dopo essere state investite dalla prima brinata dell’anno, che conferiva loro il tipico sapore dolciastro; allora venivano raccolte, cotte, triturate finemente e lavorate per ottenere il “PISTUM”, che faceva da companatico alla polenta che abbondava in tutte le case, e costituiva uno degli alimenti principali.
Il Pistùm, piatto nato a Tramonti di Sotto e diffososi poi in tutta la Val Tramontina, vanta una tradizione risalente al 1800, tramandatasi di generazione in generazione nel corso di decenni, e di cui esiste documentazione risalente a circa 30 anni fa.
Questo piatto si serviva accompagnato con la polenta, con la caratteristica “pitina”, con la salsiccia o con il formaggio salato.
Queste ricette sono giunte fino ai giorni nostri e godono tutt’ora di privilegio nella cucina nelle famiglie tramontine. Riteniamo perciò importante documentare questo aspetto della tradizione di storia del nostro territorio poiché la riteniamo parte integrante della sua storia, in pieno accordo con il proverbio “Dimmi ciò che mangi e ti dirò chi sei”.
Il formai dal cìt
Secondo il procedimento originale, il formaggio viene fatto a pezzettini, ricoperto di latte, panna e aromi naturali e quindi mescolato, fino ad ottenere una crema densa. Questa crema, veniva un tempo conservata in recipienti di pietra dai quali prende il nome "cit", che significa vaso. Spalmato su fettine di polenta o di pane, può essere gustato come antipasto o come piatto forte.
Sabatina e la produzione del Formai dal cìt
La ricetta del Sindaco
Ingredienti per 4 persone:
ricotta 300 gr
farina 120 gr
pecorino gratuggiato 50 gr
pitina di Tramonti 1 intera
sale, pepe qb
uova 1
asparagi selvatici qb
formaggio latteria qb
aglio qb
timo qb
olio extra vergine qb